Progettisti: Gianni Arnaudo - Benedetto Camerana
Anno: 2020
- Dalla volontà di valorizzare visivamente l’impronta del passato della città nasce l’idea di recuperare tutta la originale struttura perimetrale dell’edificio di un Ex Frigorifero Militare in Cuneo, mantenendo le riquadrature e le finestre lunettate.
Il progetto di Gianni Arnaudo e Benedetto Camerana mantiene il vecchio involucro murario perimetrale, non con una tradizionale finalità conservativa ma con l’intento di comunicare, attraverso un nuovo concetto di restauro, un messaggio di universale ed atemporale valenza e cioè l’importanza del percepire il trascorrere del tempo come esperienza di superamento dei momenti di crisi, percepita come elemento positivo di individuale evoluzione.
Le lesioni nei muri perimetrali dell’edificio non rappresentano quindi solo la traccia del decorso cronologico della storia, ma sono assunte a testimonianza di un valore sociale e culturale ed i progettisti hanno espresso questo pensiero attraverso una traslazione tra arti diverse, applicando cioè ad un’opera di architettura l’antica tecnica giapponese su ceramica dello “Kintsugi”.
Il Kintsugi non è solo recupero di un oggetto, ma è metafora di come dalla cura di una ferita possa nascere una forma espressiva ancora più preziosa dell’essere precedente. L’uso dell’oro non è decorativo, ma completamento ed evidenza della metafora.
Come “cicatrici” vengono quindi trattate le lesioni delle pareti perimetrali sopravvissute dell’edificio, sottolineate in bronzo effetto oro, a memoria dell’esperienza collettiva di resistenza e di resilienza, con effetti luminosi corrispondenti, previsti a pavimento, per accentuarne il prezioso riflesso nella notte.
Per rendere evidente il dialogo tra la parte originale conservata dell’edificio ed il nuovo costruito, il progetto prevede un intervento all’interno del perimetro, tale da essere percepito come un volume “ghiacciato” totalmente trasparente, emergente dall’involucro dell’antico impianto murario e riflettente il cielo ed il complesso gotico di San Francesco: l’dea non è quella di creare un effetto “ghost” o semplicemente finalizzato a donare immateriale luminosità al nuovo, ma è quello di evocare, con lo “sguardo zoom” tipico del Pop, la funzione originaria della costruzione.
Questo nuovo corpo vetrato si insinua nella muratura esistente aprendo uno spacco traslucido e scenografico, che segnala l’accesso principale e corrisponde internamente all’atrio.
Recuperare luci ed ombre della memoria per i progettisti significa anche testimoniare e valorizzare il lungo periodo di abbandono, durante il quale la natura ha fatto la sua parte con un’invasione di essenze arboree presenti all’interno della costruzione, alcune delle quali hanno raggiunto anche dimensioni rilevanti: di esse una viene conservata come metafora della trasformazione nel cortile della costruzione, consentendo uno spazio di crescita verso il cielo.
L’albero, vivente scultura, separata ed annullata è reso visibile anche dall’esterno attraverso la “lesione”, lo “spacco” nella muratura che costituisce l’accesso principale e diviene quindi un ulteriore simbolo del progetto di recupero architettonico, evocando il fondamentale valore del rispetto per l’ambiente naturale.
La filosofia della sostenibilità ambientale è anche perseguita nella scelta dei materiali: il vetro è reperito a KM Zero per la vicinanza di un’importante vetreria.
L’ingresso dell’edificio avviene dalla spaccatura vetrata contornata d’oro con accesso ad un ampio atrio che presenta una scenografica scala elicoidale.
La manica più lunga è caratterizzata da un grande spazio a tutta altezza, reso a geometria variabile ed adattabile sia ad esposizioni e mostre d’arte, che ad eventi, laboratori e convegni tramite pareti mobili posizionabili con un carroponte a soffitto e pedane a pistone incassate nel pavimento. Bianco il colore dominante, come richiamo all’uso passato del fabbricato.
Pubblicazioni:
IoArch n.90 - novembre 2020